June 29, 2024

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Che cosa e' successo? AUTONOMIA DIFFERENZIATA (O DELLA SECESSIONE DEI RICCHI): E LA TOSCANA? - 29 giugno 2024.

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Che cosa e' successo? AUTONOMIA DIFFERENZIATA (O DELLA SECESSIONE DEI RICCHI): E LA TOSCANA? - 29 giugno 2024.
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Che cosa e' successo? AUTONOMIA DIFFERENZIATA (O DELLA SECESSIONE DEI RICCHI): E LA TOSCANA? - 29 giugno 2024.

Jun 29 2024 | 00:24:39

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Show Notes

OSA È SUCCESSO? Storie e voci per capire quello che accade, di Raffaele Palumbo. UN PODCAST DI CONTRORADIO. Il Podcast di Controradio “Cosa è successo?” è ascoltabile il sabato alle 13:15, in replica la domenica alle 17:10 sulle frequenze di Controradio (93.6, 98.9, DAB+), in streaming su controradio.it, sulla app CONTRORADIO e su SPOTIFY. In questa puntata: AUTONOMIA DIFFERENZIATA (O DELLA SECESSIONE DEI RICCHI): E LA TOSCANA? Cgil, Acli, Anpi, Arci, Libera, Legambiente e Coordinamento Democrazia Costituzionale della Toscana hanno costituito il Comitato promotore de “La via maestra” in difesa della Costituzione e hanno presentato delle iniziative di contrasto ai progetti di autonomia differenziata. In questo Podcast […]
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Episode Transcript

[00:00:04] Speaker A: Cosa è successo? Storie e voci per capire quello che accade. [00:00:12] Speaker B: C'è uno scambio tra le tre forze della maggioranza. La Meloni si prende il premierato, cioè il premier onnipotente, la Lega si prende l'autonomia, cioè la secessione e Forza Italia si prende la guerra ai magistrati e al codice penale. Questi si sono divisi, diciamo, gli interessi e ciascuno scambia qualcosa con l'altro per cui abbiamo la follia e continuiamo a chiamarli sovranisti e nazionalisti e questi stanno sfasciando lo Stato Unitario. [00:00:47] Speaker C: A questo punto colleghi suggerirei che cambiasse il vostro nome in Brandelli d'Italia oppure Fratelli di Mezza Italia visto che la state spaccando. Vergogna! [00:01:01] Speaker D: Questa sera in aula davvero una vergogna. Ha aggredito un nostro deputato donno con calci e pugni e questa è un'aggressione vera. [00:01:16] Speaker E: Da questa mattina ha una nuova legge, quella sull'autonomia che è stata voluta, come si sa, dal centro-destra e soprattutto dalla Lega. Dopo una notte di seduta a fiume è diventata legge appunto. [00:01:35] Speaker A: Sono Raffaele Palumbo e per questa settimana il podcast di Controllo Radio Cosa è Successo è dedicato all'autonomia differenziata. Autonomia differenziata, ma quanto ne sappiamo? E cosa accadrà in Toscana? Partiamo da un dato. Nella notte di mercoledì 19 giugno la Camera dei Deputati ha approvato definitivamente il disegno di legge sulla cosiddetta autonomia differenziata, che stabilisce le regole e il percorso con cui alcune regioni potranno chiedere maggiore autonomia nella gestione di specifiche materie. Ma cosa dice la Costituzione in materia? Il rapporto e la divisione dei poteri tra lo Stato e le Regioni sono regolate dall'articolo 117 della Costituzione che stabilisce che lo Stato ha il potere esclusivo di legiferare su 16 materie quelle più importanti dalla politica estera all'immigrazione, il potere di fare leggi su altre 20 materie è invece definito dalla Costituzione concorrente, ovvero sia lo Stato che le Regioni possono legiferare sullo stesso ambito. Tutela della salute, valorizzazione dei beni culturali, protezione civile. La Costituzione dà anche la possibilità alle singole regioni di modificare i propri rapporti con lo Stato. E parliamo del terzo comma dell'articolo 116 della Costituzione che dice che le regioni possono chiedere di avere condizioni particolari di autonomia nella gestione delle 20 materie su cui può legiferare insieme allo Stato e nella gestione di altre tre materie, tra quelle che sono di competenza esclusiva dello Stato. Organizzazione della giustizia di pace, norme generali sull'istituzione, tutela dell'ambiente dell'ecosistema e dei beni culturali. Questa concessione di maggiore autonomia può avvenire solo attraverso una legge dello Stato approvata a maggioranza assoluta dal Parlamento sulla base proprio di un'intesa tra lo Stato e la regione che ne fa richiesta, la regione interessata. Questo procedimento deve avvenire nel rispetto dell'articolo 119 che impegna lo Stato a rimuovere le diseguaglianze territoriali. Tutte queste regole non sono state stabilite nella nuova legge approvata il 19 giugno dalla Camera. che non ha modificato in nessun punto la Costituzione. La Costituzione è stata modificata a proposito dei rapporti tra Stato e Regioni oltre 20 anni fa, a marzo 2001, durante il secondo governo di Giuliano Amato. La modifica venne poi confermata da un referendum costituzionale tema che adesso non ci riguarda. Se si volesse organizzare un referendum contro la legge approvata dal Parlamento in questi giorni, bisognerebbe organizzare un referendum abrogativo e non un referendum costituzionale. Ma quali sono gli obiettivi della nuova legge, quella appena approvato? La nuova legge definisce i principi generali da seguire per assegnare maggiore autonomia alle regioni che ne fanno richiesta, sempre nel rispetto del già citato articolo 116 della Costituzione. e in più fissa la procedura con cui dovranno essere approvate e eventuali intese tra Stato e Regioni che vogliono più autonomia su alcune materie. La prima testimonianza che vi facciamo ascoltare a questo proposito è quella del docente di diritto costituzionale all'Università degli Studi di Torino e autore del libro Spezzare l'Italia, le Regioni come minaccia all'unità del Paese. Stiamo parlando del professor Francesco Pallante. [00:04:58] Speaker D: L'autonomia regionale differenziata cambia profondamente gli assetti costituzionali esistenti. Cambia anzitutto il ruolo dello Stato, che perde le leve essenziali attraverso cui realizzare politiche sociali, culturali, ambientali, economiche di respiro nazionale. cambiano anche gli equilibri tra le regioni a detrimento del sud perché le regioni del nord che acquisiranno per prima le nuove competenze acquisiranno anche le risorse economiche necessarie a esercitarle e poiché l'intera operazione è previsto che avvenga a costo invariato evidentemente bisognerà togliere risorse al sud per darle al nord. Anche per le regioni del nord non ci saranno grandi vantaggi perché aumenteranno gli squilibri interni già oggi molto forti tra i più poveri e i più ricchi, si apriranno spazi ulteriori per la privatizzazione dei servizi e soprattutto la dimensione dell'azione regionale circoscritta rispetto all'azione dello Stato nelle dinamiche della globalizzazione non potrà che ridursi a fare concorrenza a economie di altri piccoli paesi europei per diventare fornitori dell'industria dei paesi più forti e la concorrenza è facile prevedere in un sistema economico fatto da piccole e medie imprese a bassa produttività si farà fondamentalmente sul costo del lavoro e dunque sulle condizioni di lavoro dei lavoratori dipendenti. Nel complesso si complicherà anche l'amministrazione pubblica perché la differenziazione regionale fa sì che lo Stato in alcune regioni continuerà a esercitare delle funzioni che non dovrà più esercitare invece in altre perché passeranno alle regioni e questo comporta oltre a una complicazione burocratica anche un aumento dei costi perché saltano tutte le economie di scala. Nel complesso alla fine ci perdono un po' tutti se non le classi politiche regionali di quelle regioni che acquisiscono nuove risorse di potere attraverso cui continuare a coltivare il loro potere. Ma ciò che perdiamo tutti quanti è l'idea che l'Italia in quanto tale debba farsi carico dei problemi che riguardano l'Italia di fronte a un paese in difficoltà, a un paese in declino la risposta è si salvi chi può finché può e dunque si danno delle risposte egoistiche e regionali a problemi di carattere generale. L'Italia è stata in passato capace di uscire da situazioni anche più difficili, la seconda guerra mondiale l'aveva ridotta in macerie eppure siamo diventati usciti dal fascismo un grande paese a livello internazionale dovremmo tornare a riscoprire questa capacità di agire come collettività statale complessivamente e risolvere questi problemi che sono, ripeto, di rango nazionale a livello nazionale. [00:07:51] Speaker A: E veniamo ad una vicenda importante, il comma 2 dell'articolo 1 della legge approvata dal Parlamento. Quest'ultimo stabilisce che alle regioni può essere concessa maggiore autonomia solo dopo che siano stati determinati i cosiddetti livelli essenziali delle prestazioni, ovvero i LEP. Fissate questa sigla, LEP, livelli essenziali di prestazioni, che per la Costituzione rientrano tra tutti quei diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Dalla sanità all'istruzione, passando per i trasporti, i livelli essenziali delle prestazioni comprendono tutti quei servizi che lo Stato deve ritenere indispensabili per tutti i cittadini, senza distinzioni sul territorio in cui vivono, dal nord al sud, dal centro, alle isole. Ma prima di addentrarci in queste vicende tecniche, continuiamo a parlare delle resistenze che questa legge sta muovendo un po' in tutto il mondo intellettuale civile del paese che vede l'Italia sfasciarsi di fronte a questa nuova legge. Procedo di uno sguardo antropologico su quello che potrà accadere, abbiamo chiesto un'opinione anche allo scrittore Giorgio Van Straeten. [00:09:00] Speaker F: Non sono mai stato un partito del regionalismo, lo dico sinceramente, di qualsiasi tentativo, diciamo così, di aumentare il ruolo delle regioni nella gestione della cosa pubblica. Anche perché siamo sempre partiti, in ogni tentativo di questo tipo, dall'esigenza di contrastare le tendenze separatiste, vorrei dire revanciste, del Nord. E quindi provocando potenzialmente più danni che vantaggi nella parte più debole e più in difficoltà del Paese che è ovviamente il Sud. E adesso anche in questo caso la legge è voluta e imposta, vorrei dire, dalla Lega. Il che non vuol dire che la situazione come oggi vada bene, ma vuol dire che in uno stato civile ci sono alcuni valori, alcuni settori, io direi la sanità, l'istruzione e la giustizia, che non possono dare servizi di qualità diversa in aree diverse. Il problema però è che già oggi è così, non c'è bisogno della legge approvata in questi giorni per peggiorare la qualità del servizio sanitario nel sud rispetto al nord, è già così. Io credo che c'è un problema aperto, forte e rilevante che ci portiamo dietro dall'unità d'Italia e cioè la valorizzazione del meridione, che certo poi non esclude che ci sia la necessità, come c'è la necessità di evitare sprechi, denari buttati via, in cui spesso il Sud e in particolare la Sicilia sono stati in prima fila. Ma penso che la soluzione non è che determinati, ripeto, elementi che sono costitutivi di un paese siano demandati a realtà differenti che poi finiranno inevitabilmente per fornire standard differenti e come un fatto non da combattere ma inevitabile. No, proprio sono decisamente contro questa riforma. [00:11:20] Speaker A: Ma torniamo adesso ai livelli essenziali delle prestazioni, i cosiddetti LEP. Come si determinano questi livelli nel disegno di legge sull'autonomia differenziata approvato definitivamente dalla Camera? L'articolo 3 stabilisce la procedura per cercare di risolvere questo problema e determinare i livelli essenziali delle prestazioni. Ovvero, entro due anni dall'entrata in vigore della nuova legge, il Governo dovrà stabilire il LEP con uno o più decreti legislativi, ossia quei provvedimenti con cui il Governo può legiferare dopo aver ricevuto la delega dal Parlamento. Ora, nel determinare i livelli essenziali delle prestazioni, il Governo seguirà i principi e i criteri fissati dalla prima legge di bilancio del Governo Meloni, quella del 2023, approvata alla fine del 2022. Questa legge di bilancio ha istituito la cabina di regia per la determinazione dei LEP, i livelli essenziali delle prestazioni. E per supportare il lavoro della cabina di regia, il ministro Calderoli ha nominato il Comitato per l'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti diritti civili e sociali. 61 esperti, presieduti dall'ex giudice della Corte Costituzionale Sabino Cassese. Alla fine dell'anno scorso questo comitato ha pubblicato un rapporto lungo più di 140 pagine in cui nell'introduzione Cassese dice chiaramente che la scarsa chiarezza, talvolta anche semplicemente linguistica, alla frammentarietà degli interventi legislativi e la varietà delle pronunce della giurisprudenza specie costituzionale in tema di individuazione dell'EP determinano la difficoltà di operare una definizione completa, materia per materia, ambito per ambito, di ciascun livello essenziale delle prestazioni. Ovvero, dice Cassese, abbiamo fatto un'esplorazione in una terra incognita. Ma la questione di base, al di là o meno della determinazione dei LEP, è già venuta fuori nelle parole del costituzionalista pallante. La questione è tutta economica. La prima preoccupazione è arrivata dalla Banca d'Italia, che in un'audizione in Senato ha detto che la definizione dei LEP non implica che le prestazioni individuate come essenziali siano adeguatamente finanziate ed effettivamente erogate su tutto il territorio nazionale. E qui sta l'inghippo. La nuova legge sull'autonomia differenziata, approvata dalla Camera, stabilisce che alle regioni può essere concessa maggiore autonomia se non ci siano maggiori costi a carico dello Stato. Se invece questi costi ci sono, la concessione di maggiore autonomia può venire solo dopo l'entrata in vigore di provvedimenti legislativi che stanzino le risorse economiche necessarie a far fronte ai maggiori costi. Tradotto, la questione di determinare o meno in modo preciso i LEP, ovvero i livelli essenziali delle prestazioni, diventa questione marginale di fronte alla questione economica, cioè di chi può o non può garantire economicamente questi servizi. Chi può bene, chi non può, come diceva Pallante, se la vede per i fatti suoi. Ma, verosimilmente, in una regione come la Toscana, diversa sia da quelle del nord, le regioni forti che hanno chiesto l'autonomia differenziata, come la Lombardia e il Veneto, diversa anche dalle regioni del sud, cosa potrà verosimilmente accadere? Su questo abbiamo sentito Maurizio Brotini, presidente dell'IRES della Toscana, il centro studi e ricerche della CGL regionale. [00:14:44] Speaker G: Ritengo assolutamente pertinente la domanda sugli effetti sull'economia della regione toscana dell'autonomia differenziata. Premesso che si tratta dell'associazione dei ricchi e dell'idea adattata alla propone, senza esplicitarlo, che le aree forti del paese si mantenebbero forti sulle spalle delle aree deboli del paese, come i soggetti più forti del paese sui soggetti economicamente più deboli del paese. Però tutto questo, ha cominciato a scrivere anche Stefano Fassina, le stesse realtà produttive del nord, dalla disintegrazione sostanzialmente dell'Italia come paese e come nazione, ne subirebbe un danno perché noi abbiamo già potuto vedere che l'indebolimento dell'Italia, della divisione internazionale del lavoro e della stessa Europa ha portato al declino di tutte le regioni italiane. Il Mezzogiorno d'Italia è diventato tutto Mezzogiorno d'Europa e questo non è bastato a impedire alle regioni forti del nord Italia di mantenersi su posizioni elevate. Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte declinano rispetto alle altre regioni d'Europa e sono paragone alle nostre. E bisogna dirsi che la Toscana non fa parte oltretutto, non fa più parte da tempo, delle regioni più forti né di Europa e nemmeno d'Italia. Noi abbiamo subito a tempo un processo di impoverimento del settore industriale, di declino e di relativa marginalizzazione. A battuta si dice che siamo per tanti aspetti la prima regione del Mezzogiorno d'Italia. Per questo io penso che sarebbe una sciagura per il sistema economico e sociale della Toscana, l'autonomia differenziata, che questa indebolisce il sistema paese e le singole realtà, anche presunte forti, declinerebbero e la Toscana non è più tra queste. Quindi supererebbe due volte i danni di questa sciagurata riforma, controriforma istituzionale. sarebbero affari diversi da voi, pensate non soltanto ci sarebbero contratti regionali, gabbe salagali, ma chi fa le politiche industriali? Le regioni? Chi fa politiche fiscali capaci di mutualizzare il debito mettendo obbligazioni funzionali allo sviluppo economico? Insomma, se non c'è più il paese, un sistema paese dentro un'Europa diversa da quella che purtroppo si sta preparando e quella che è stata negli ultimi anni, non si salva nessuno. Per questo una battaglia di giustizia, una battaglia di civiltà, quella di respingerla è una battaglia anche in nome degli interessi concreti e materiali delle stesse popolazioni e cittadini della Toscana. [00:17:46] Speaker A: Non marginale il tema della sanità che stravolgerà probabilmente l'intero paese e con ogni probabilità non avremo più un servizio sanitario nazionale. Michele Bocci, giornalista toscano di Repubblica, è specializzato proprio in materia sanitaria. [00:18:03] Speaker H: Quali saranno gli effetti dell'autonomia differenziata per la sanità toscana? Non è facile in questo momento dirlo sia perché non si conoscono tutti i profili della riforma e come verrà portata avanti e anche perché la nostra regione è un po' in una fascia medio alta diciamo di quelle regioni che hanno sì un sistema sano ma come sappiamo hanno anche dei problemi. La nostra di recente a dicembre ha messo le tasse per finanziare proprio il sistema sanitario aumentato l'IRPEF. Ebbene la Toscana però ha comunque un sistema che se lo guardiamo lo paragoniamo soprattutto al centro sud è sano tanto che offre delle prestazioni in più rispetto ai LEA. I LEA sono i livelli essenziali di assistenza che sono il minimo comune denominatore della sanità, quello che tutte le regioni devono offrire ai loro cittadini, ebbene da noi si danno prestazioni extra lea, cioè al di fuori, in più, come ad esempio la procreazione medicalmente assistita. Detto questo, quale può essere il problema? Sicuramente la cosa che preoccupa di più tutte le regioni riguarda il personale, perché con l'autonomia si potrebbe, si dà alle amministrazioni locali la possibilità di fare dei contratti integrativi. Sappiamo che in questo periodo c'è grandissima carenza di infermieri e carenza di medici soprattutto in certe specialità, quindi la regione che fosse, le regioni che fossero in grado di pagare stipendi più alti potrebbero portare via lavoratori da altre regioni, mettendole ancora più in crisi. Ecco, non è ben chiaro come si collocherebbe la Toscana in questa situazione, perché sicuramente potrebbe pagare stipendi più alti, faccio un esempio, rispetto alla Campania e alla Calabria, ma non rispetto al Veneto e alla Lombardia. E quindi questo, proprio in ragione della grande carenza di risorse umane che c'è nel sistema sanitario nazionale, potrebbe rivelarsi un problema. Ovviamente con i professionisti sanitari che si spostano ci sarebbe anche il rischio di un maggiore spostamento dei pazienti. In questo momento la Toscana è una regione dove entrano, diciamo così, più pazienti da fuori di quelli che vanno altrove per curarsi. Il saldo, se guardiamo solo i ricoveri ordinari, è di circa 10.000 persone, nel senso che 30.000 entrano e 20 mila escono, però se poi si spostano i medici e l'offerta e in Italia si creano solo due o tre regioni molto forti in sanità, anche questo potrebbe rivelarsi un problema. Comunque non si riesce a prevedere quali conseguenze potrebbe avere. [00:20:45] Speaker A: Tutta questa vicenda è naturalmente oggetto non solo di polemica politica, ma tra poco anche della raccolta firme per un referendum abrogativo, raccolta che sarà verosimilmente fatta in tempi brevi e un referendum che sarà probabilmente vinto. Così come ci ha aiutati ad aprire questo podcast, Marco Travaglio, il direttore del Fatto Quotidiano, ci aiuta a chiuderlo. [00:21:05] Speaker B: La Meloni nel 2014 presentò una riforma costituzionale in Parlamento, non era una chiacchiera, firmata da lei e da Edmondo Cirielli che oggi è Vice Ministro degli Esteri, quello della legge ex Cirielli, per abolire le regioni, abolire Siamo qui stamattina per. [00:21:23] Speaker C: Dire che vogliamo abolire le regioni, perché il regionalismo in Italia ha fallito, perché ha moltiplicato occasioni di malaffare, ha moltiplicato poltrone, ha moltiplicato spesa pubblica. [00:21:32] Speaker B: Con i vecchi poteri, non con quelli nuovi che le trasformano in stati, perché questa è la verità. Le regioni diventano degli stati, quindi non esisterà più lo stato unitario italiano. Ci saranno regioni che pittorescamente all'italiana potranno rivendicare quelle 23 materie, ma in quelle 23 materie ci sono 500 funzioni che non avrà più lo Stato e che avranno le regioni che le vorranno. Se ne vorranno tutte, se ne vorranno soltanto qualcuna, ne avranno soltanto qualcuna, cioè sparisce il Servizio Sanitario Nazionale, sparisce la Scuola Pubblica Nazionale, i programmi di scuola li decideranno gli assessori, i professori verranno selezionati con concorsi regionali, non più con concorsi nazionali, le infrastrutture energetiche saranno regionalizzate, la nostra sicurezza energetica sarà decisa regione per regione, Il sistema dei trasporti sarà deciso, se una regione vuole privatizzare tutta la sanità lo potrà fare, più ancora di quanto non abbiano già fatto scriteriatamente con i poteri scriteriati che sono stati dati alle regioni, sarà molto peggio. Pensiamo alle questioni di sicurezza del bilancio nazionale, esploderà il debito, infatti Banca Italia è preoccupata, Unione Europea è preoccupata, perché uscirà completamente da qualsiasi controllo la spesa pubblica Questo lo firma la Meloni che dieci anni fa voleva abolirle le regioni, non trasformarle in stati. [00:23:04] Speaker A: Dopo anni di lavoro, di spreco di risorse, di intelligenze, di tempo, di risorse umane, di burocrazie, di carte, con ogni probabilità tutto andrà a monte. Nel frattempo i problemi dell'Italia restano quelli che conosciamo, anzi da soli difficilmente miglioreranno. [00:23:23] Speaker C: Noi abbiamo delle posizioni nostre che sono posizioni sulle quali sfidiamo anche Salvini, sfidiamo la Lega. Siamo qui stamattina per dire che vogliamo abolire le regioni perché il regionalismo in Italia ha fallito, perché ha moltiplicato occasioni di malaffare, ha moltiplicato poltrone, ha moltiplicato spesa pubblica. Facciamo una proposta completamente diversa, 36 distretti e dare più peso ai comuni, restituire autorevolezza allo Stato centrale. Su questi temi sfidiamo ovviamente anche la Lega. Vogliamo pulire le regioni, per le regioni, per le regioni. Il regionalismo in Italia ha fallito, per fallito, per fallito, per fallito, per regioni, per regioni. Occasioni di malaffare, ha moltiplicato poltrone, ha moltiplicato spesa pubblica. Sfiamo la Lega, sfiamo la Lega, sfiamo la Lega. Restituire autorevolezza allo Stato centrale, restituire autorevolezza allo Stato centrale. Sfiamo la Lega, sfiamo la Lega. Più peso ai comuni. Noi abbiamo delle posizioni nostre che sfiamo la Lega, sfiamo la Lega. Vogliamo pulire le regioni. [00:24:30] Speaker A: Cosa è successo?

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